mercoledì 19 marzo 2014

Gruppo di lettura 2013-2014

8° libro: La strada (The Road) di Cormac McCarthy. 
19 marzo da Giuliano.

Marco Rodi
E' davvero un gran bel romanzo d'amore a dispetto di tutto, un amore tenerissimo tra padre e figlio. Non per nulla è più che citato nei laboratori di scrittura creativa.
Paolo Baroni
La Strada dell'uomo.
Se leggiamo questo romanzo come un esempio di letteratura fantastica post apocalittica e lo paragoniamo ad altri precedenti di questo genere, come L’ultimo uomo di Mary Shelley, a La macchina del tempo di H. G. Wells, o Io sono leggenda di Richard Matheson non possiamo che restare delusi. Molti altri autori si sono cimentati su questo tema con risultati forse più rilevanti. Tuttavia vi sono alcuni elementi che rendono questa prova narrativa di McCarthy particolarmente interessante. Iniziamo dalla descrizione del mondo. Con pochi e semplici tratti poetici l’autore dipinge un quadro di desolazione e di morte orribile ma riesce a non indulgere né nel macrabo né nell’orrifico, compito non scontato.
Continuiamo con il rapporto padre-figlio. Una relazione che rappresenta il messaggio più significativo dell’opera. Le loro brevi conversazioni percorrono con una forza convincente ogni pagina. Il padre, che rappresenta la forza, la competenza, l’intelligenza, in una parola l’ESPERIENZA, si sente investito dalla missione divina di far sopravvivere suo figlio in quanto è convinto che sia l’ultimo esempio dell’umana INNOCENZA. Il figlio è veramente il simbolo della bontà innata che alberga nell’animo umano prima di essere corrotto dalla convenienza e dal desiderio di sopraffazione. Il bambino è una figura unica nel panorama letterario mondiale: è consapevole della malvagità umana ma la cosa non diminuisce la forza gigantesca che lo spinge ad avere pietà dei deboli e a credere nell’assolutezza del bene: questa sua certezza è incrollabile e gli dà quella speranza che suo padre ha ormai perso. Il valore di questo romanzo è tutto nelle figure di questi due esseri, che si completano. L’esperienza e l’innocenza, la tigre e l’agnello che William Blake ha contrapposto nei sui poemi, sono in questo romanzo finalmente alleati per creare l’unico comportamento sociale che può salvare l’umanità. Come Bertrand Russell ha più volte affermato nei suoi scritti del secolo scorso, la strada che l’uomo dovrà percorrere per conseguire il suo progresso dovrà unire finalmente la conoscenza con l’amore.

Luciana Russo
Il libro mi è piaciuto anche se, come ho già detto in sede di riunione, mi è sembrato che più che un libro è una sceneggiatura e non a caso dopo la sua uscita ci hanno girato il film. Bravissimo l'autore nelle descrizioni, anche le più minuziose, che pur descrivendo un mondo a volte macabro, che non ha più niente di umano, non siamo impauriti forse perché presi nel meccanismo del linguaggio descrittivo. Molto significativo il rapporto padre figlio. Secondo me il bambino si salva perché, oltre a rappresentare l'innocenza, la bontà, decide di aprirsi all'altro di fidarsi. Significativa è la sua esitazione di fronte all'uomo che avanza verso di lui. Sembra che torni nel bosco ma poi ci ripensa e decide di affrontare l'ignoto per poi fidarsi dello sconosciuto. Il bambino rappresenta anche la pietà perché sente l'esigenza di coprire il padre morto. Tutti questi sentimenti rappresentati dal bambino fanno capire che la salvezza può avvenire solo se l'uomo sarà di nuovo capace "di portare il fuoco"

Nessun commento: