mercoledì 14 maggio 2014

Gruppo di lettura 2013-2014

10° libro: Il teatro di Sabbath di Philip Roth. 

14 maggio 2014 da Marco.

Luciana Russo
Il libro, secondo me, è un capolavoro. L'autore è riuscito a creare un personaggio sgradevolissimo a volte disgustoso che però riesce sempre a svelare la vera natura degli altri che molto spesso e in maniera più subdola sono come lui.. Magistrali sono le pagine della descrizione del matrimonio del suo amico ebreo a New York e ciò che lui dice nel descrivere un certo ambiente bene. L'iperattività sessuale di Sabbath sembra quasi un rito di morte. Nel rito sessuale sembra quasi un voler esorcizzare la morte. Lui è un uomo condannato a ripetere i propri errori sui quali l'autore fa una riflessione che mi ha commosso " è un miracolo, se non moriamo tutti per questo nostro capire sempre troppo tardi. Ma in effetti moriamo di quello, di quello soltanto" . Di questi passaggi bellissimi nonché introspettivi il libro è pieno. Ne cito solo un altro " Se questa era la morte, la morte non era altro che vita travestita. Tutte le delizie che rendono questo mondo un luogo tanto divertente si presentano in modo altrettanto ridicolo anche nel non-mondo". Alla fine il protagonista è consapevole che non può scappare dai propri ricordi e all'ultimo sarà una scatola, una vecchia bandiera americana a fornirgli un senso, una ragione per non morire anche se non sappiamo che via sceglierà se quella di morire o quella di vivere. Riallacciandomi all'altro libro "La macchia umana" mi sembra che venga ribadito anche in questo libro il concetto che difficilmente l'uomo conosce se stesso e chi ha intorno.

Paolo Baroni
Un clown pervertito e perverso
E’ il 1994. L’ebreo Morris (Mickey) Sabbath ex burattinaio sessantaquattrenne, dotato di libidine sfrenata, sarcasmo tagliente e creatività scandalosa, dalle dita ormai devastate dall’artrite, vive da anni in un paese rurale del New England, Madamaska Falls dove ha insegnato tecnica teatrale in un collage locale fino al giorno in cui fu costretto a dimettersi a causa di uno scandalo che riguardava una registrazione di una telefonata pornografica avuta con una studentessa. Sabbath è sposato con un’alcolista, Roseanna, (La sua precedente moglie, Nikki, un’attrice di origine greca, è scomparsa nel 1964, dopo di che Sabbath lasciò New York per la vita in campagna). Il grande amore erotico della sua vita, la Croata Drenka Balich, che con il marito ha condotto per anni un albergo a Madamaska falls, è morta di recente di cancro, lasciando Sabbath solo e disperato.
Mickey è cresciuto sulla costa del New Jersey con i genitori e il fratello di cinque anni più grande, Morty, che è stato ucciso dai Giapponesi nel 1944. Ora, sono passati cinquant’anni e Sabbath sente la voce della madre morta che gli parla come fosse ancora un bambino. Un’altra morte, quella di un suo vecchio amico, lo fa decidere a lasciare Roseanna per dirigersi a New York per il funerale e per organizzare il proprio suicidio. Attraverso continui flashback, siamo condotti entro il teatrino di questo vecchio senza vergogna fra episodi intrisi di dramma, comicità clownesca, ossessione sessuale, amoralità ma anche lirismo e sensibilità impareggiabili.
La tecnica narrativa è talmente complessa e multiforme da rendere quest’opera un esempio irrinunciabile per coloro che vogliono fare della scrittura il loro mestiere.
La trama narrativa (intreccio) non coincide con i fatti cronologici (fabula). La vicenda si snoda tra presente e passato, tra numerosi flashback, digressioni, parentesi che si aprono, più o meno all’improvviso lungo un unico filo conduttore, spaziando dagli affreschi di stampo brutalmente sessuale, a quadri classici di una dolcezza inaspettata, attraversando anche paesaggi surreali, con qualche pennellata di pulp.
La voce narrante onnisciente è imparziale e razionale e si alterna alla voce narrante in 1a persona che ci porge con emozione la sua disperata confessione priva di morale, da clown perverso che irretisce il lettore e subito dopo lo disgusta. L’alternarsi di queste due voci crea vivacità teatrale, come se l’introspezione dell’animo del protagonista fosse a tratti abbandonata per acquistare uno sguardo oggettivo e critico nei riguardi della folle esistenza scellerata del burattinaio.
Il teatro che ruota attorno a questo saltimbanco privo di morale è composto da marionette multiformi: amanti, mogli, conoscenze, amici, famigliari; tutti vengono “usati” per cercare di lenire la propria estrema inesauribile disperazione, quel sentimento che lo accompagnerà per tutta la vita dopo la morte del fratello. Ma fra tutte le marionette, fra tutti i fantasmi solo la “gemella genitale” Drenka riuscirà (fino alla morte di lei) ad abbattere lo strazio esistenziale di Sabbath con il gioco, quello infantile delle parole, e quello animalesco dei loro corpi, delle loro secrezioni.
In sostanza Il teatro di Sabbath è la narrazione di un clown disperato, intercalata con i suoi giochi pervertiti, i suoi lazzi osceni, i suoi pensieri lascivi ma anche illuminata dal suo sguardo poetico. Il clown Augusto, così fisico e terreno, si trasforma alla fine in Pierrot e piange del suo dolore, dei suoi morti, dei suoi ricordi, della sua follia, del se stesso come poteva essere e come invece è risultato. La scelta della morte sembrerebbe essere la soluzione finale ma sarebbe troppo semplice e facile.Forse alla fine sarà la vita a scegliere e sceglierà di farlo ancora esistere per rinnovargli l’ ultimo doloroso disagio, quello della vecchiaia, della solitudine, del dolore, per assolvere l’ultimo compito di essere il guardiano del suo fallimento.
Con il personaggio di Michey Sabbath, Roth presenta un altro lato della sua ricerca sulla libertà umana. Qui l’uomo diventa satiro fornicante, somma di tutti gli eccessi, di tutte le trasgressioni e le provocazioni. È libertà assoluta, è carne e sesso: ciò che che secondo. D.H. Lawrence, è l’unica arma rimasta all’uomo per avvicinarsi alla vita autentica.
Conclusione.
Il romanzo è legato a doppio filo con tanti capolavori della letteratura mondiale.
Dal Satyricon, al De Cameron nei suoi aspetti più indecenti; dai poemi erotici di Rochester; alla Fanny Hill di Cleland; da Lawrence naturalmente, alle confessioni di Nabokov, da Erica Jong, al Marchese de Sade e Henry Miller.
Mickey Sabbath fa pensare anche ai personaggi di Pasolini, spinti da una realtà spirituale tormentata e intensa ma così ignobili, sporchi, direi melmosi, nei giochi esistenziali che inventano per lenire il loro strazio.
Insomma per leggere Roth occorre preparazione e predisposizione ad essere colpiti in faccia con le immagini più triviali ma anche con i pensieri più contemplativi e profondi e non è pane per tutti.

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