domenica 4 marzo 2012

I problemi della "conciliazione", un'inchiesta del Tirreno


Articolo da Il Tirreno


Mamme e commesse «La domenica no meglio la famiglia»
Le testimonianze: 12 euro in più ma i figli si allontano 
E per qualcuna si è aperto il baratro della depressione



di Stefano Bartoli


«Adesso cominciano a dirmelo già dal giovedì: “Mamma, ma domenica sei libera o no?”. Francamente non so più cosa rispondere: ho tre figli di 4,11 e 13 anni, li ho voluti tutti e non mi sembra giusto che mi debba sentire in colpa perché di fatto li ho allontanati». È amaro il sorriso di Sara, 34 anni, commessa all’Ipercoop di Livorno: quel decreto “libera festivi” varato dal governo di Mario Monti, accoppiato alla sentenza del Tar della Toscana che ha reso nulle le opposizioni avanzate dai Comuni sulle aperture non stop di negozi e centri commerciali (un ulteriore pronunciamento ci sarà il 5 giugno, in attesa della sentenza definitiva della Corte Costituzionale), le ha rivoluzionato la vita.
E lo ha fatto nel modo peggiore, togliendole proprio quella libertà di stare con la famiglia nei momenti in cui, un tempo, ci si siedeva attorno ad un tavolo, magari solo per mangiare o conversare. Insomma, colpendo quei valori che si vogliono sottolineare in questa Giornata europea per le domeniche libere dal lavoro (ne parliamo a parte) in programma per oggi in molte città italiane e della nostra regione.
Rischio depressione. «Quello della famiglia, considerando che la maggior parte dei dipendenti di un negozio sono donne, non è un problema da poco - racconta Cinzia Bernardini, dirigente della Filcams Cgil di Pisa -. Purtroppo, abbiamo avuto notizia anche di casi in cui una commessa passata improvvisamente dalle domeniche libere a quelle lavorate sia entrata in depressione: una situazione non accettabile».
Poche ore, ma impegnative. «Sono figlia di operai ed ho due fratelli - prosegue invece la nostra Sara - e la domenica eravano abituati a stare un po’ tra noi e con i nostri genitori. Una cosa adesso impossibile: pur avendo un contratto part-time a 24 ore la settimana, e quindi con un impegno sulla carta abbastanza limitato, mi trovo in pratica occupata per gran parte della giornata. Ma il lavoro festivo ha rivoluzionato la vita anche a chi non ha figli, ma magari si dedicava ad un hobby od al volontariato. E tutto con un ritorno che nel mio caso di part-time è di appena 12 euro lordi per ogni domenica dietro il banco. Insomma, il prezzo sociale che dobbiamo pagare è davvero alto».
Un taglio alle entrate. Ancora più complessa la situazione di Teresa (nome di fantasia), 40 anni, vedova con due figli e cassiera in un ipermercato di Pontedera. «Il mio problema è complicato, ma alla fine facilmente riassumibile - racconta al Tirreno -. Con i soldi che prendo da part-time 900 euro al mese per 24 ore settimanali di lavoro, non ce la faccio ad andare avanti. Per questo, ogni fine-settimana ed in particolare la domenica andavo a fare altri lavori. Bene, ora devo andare alla cassa ed in orari molto spezzati, tipo 7-11, 10-14, 17,15-21,15 o 11-15. Ci hanno fatto sapere che i festivi sono giorni come tutti gli altri e che quindi non ci pagheranno alcun supplemento. Il risultato? In totale guadagno meno e, se ne avessi l’occasione, cambierei lavoro. E questo dopo tanti anni nella stessa azienda e per colpa di un’idea che in cassa non porta niente in più. I soldi sono quelli: o si compra la domenica o negli altri giorni della settimana».
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