lunedì 12 gennaio 2009

Preghiera in gennaio - Ricordando De André e Lee Masters

Durante una serata del Club di Lettura è stato ricordato Fabrizio De André. Sono state ascoltate alcune sue ballate e letti i brani dall'Antologia di Spoon River da cui erano stati ispirati.

Ci sembra interessante la testimonianza della Pivano, in questa intervista immaginaria.

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Sono riuscito a ritrovare il testo di questa “pseudo-intervista” che assieme a quella, reale, di Fernanda Pivano a Fabrizio de Andrè, accompagna il disco Non al denaro, non all’amore né al cielo, in cui De Andrè traduce alcune delle poesie più significative dell’Antologia di Spoon River in testi musicali. La ripropongo per intero:
La prima volta che riuscii ad andare in America, nel 1956, Edgard Lee, Masters era morto da sei anni. Con l’aiuto di un senatore radicale amico di James Farrelli riuscii ad arrivare nelle zone dello Illinois che ispirarono l’Antologia di Spoon River: su automobili di giornalisti pre-rivoluzionari o su monoplani dal volo a dir poco imprevedibile mi ritrovai a Petersburg, il villaggio di 3.000 abitanti vicino al fiume Sangamon dove Masters trascorse l’infanzia; e di lì, nel villaggio ancora più piccolo di Lewistown, a pochi chilometri dal fiume Spoon, dove Masters andò a vivere a 11 anni e dove rimase finché andò a tentare la fortuna a Chicago. Invece di parlare con Masters dovetti accontentarmi di parlare coi suoi ormai vecchi amici e nemici, la bibliotecaria che gli prestava i libri greci, il figlio dei direttore del giornale (il direttore che gli rubò la fidanzata) e così via.
A quei tempi non usavano ancora le interviste, né le registrazioni su nastro. Ma nel 1915 quando il volume uscì in America e di anno in anno diventò sempre più popolare fino il restare ininterrottamente un best-seller, e tanto più adesso con le edizioni tascabili (anche in Italia Einaudi dal 1943 ne ha fatto 36 edizioni), Masters scrisse varie autobiografie e molti articoli: da queste autobiografie e da questi articoli ho ricostruito una pseudo-intervista.
Pivano Come ti è venuto in mente di scrivere l’antologia di Spoon River?
Masters Mentre facevo l’avvocato a Chicago e mi aggiravo nei tribunali e frequentavo la cosiddetta società… giunsi alla conclusione che il banchiere, l’avvocato, il predicatore, le antitesi del bene e del male non erano diverse nella città e nel villaggio… Cominciai a sognare di scrivere un libro su una città di campagna che avesse tanti fili e tanti tessuti connettivi da diventare la storia del mondo intero.
P. Qual è il villaggio che hai ritratto, Lewistown o Petersburg?
M. Ho trascorso più o meno lo stesso numero di anni nei due villaggi. Ma a Lewistown ho visto la gente con occhi maturi e in circostanze che avevano acuito la mia osservazione. Petersburg era soltanto una fiera di campagna con molta gente; Lewistown era un microcosmo organizzato… E stato il fiume Sangamon, non lo Spoon a fornirmi lo spunto per l’Antologia. Però 53 poesie sono ispirate a nomi delle regioni di Petersburg, 66 a nomi della regione del fiume Spoon… Le tombe che ho descritto sono di Petersburg, ma la collina è di Lewistown.
P. Quanti personaggi hai descritto nel libro?
M. 244. Ci sono 19 storie sviluppate in ritratti intrecciati. Ho trattato tutte le occupazioni umane consuete, tranne quelle del barbiere, del mugnaio, dello stradino, dei sarto e del garagista (che sarebbe stato un anacronismo).
P. Quando hai cominciato a scriverlo, questo Spoon River?
M. Il 10 maggio 1914 mia madre venne a trovarmi a Chicago… Chiacchierando riandammo al pssato di Lewistown e di Petersburg, rievocando personaggi e avvenimenti che mi erano sfuggiti di mente… Una domenica, dopo averla accompagnata al treno, mentre suonava la canipana della chiesa e la primavera era nell’aria, scrissi La Collina e i ritratti di Fletcher MeGee e Hod Putt… Mi venne quasi subito l’idea: perché non fare così il libro che avevo immaginato nel 1906, in cui volevo rappresentare il macrocosmo descrivendo il microcosmo?
P. Quando e dove uscirono queste prime poesie?
M. Sulla rivista di William Marion Reedy, il ” Mirror ” di St. Louis. Uscirono il 29 maggio 1914, sotto lo pseudonimo di Webster Ford

P. E le poesie successive?
M. Dal 20 maggio 1914 al 5 gennaio 1915 inondai dì epitaffi il ” Mirror “… nell’estate erano già citati e parodiati in tutta l’America ed erano già arrivati in Inghilterra… Scrivevo quando potevo, il sabato pomeriggio e la domenica. Gli argomenti, i personaggi, i drammi mi venivano in mente più in fretta di quanto li potessi scrivere. Così presi l’abitudine di annotarmi le idee, o magari scrivere le poesie, sui rovesci delle buste, sui margini dei giornali. quando ero in tram o in tribunale o al ristorante.
P. Fino a quando hai conservato l’incognito?
M. Reedy pubblicò il mio vero nome nel numero del “Mirror” del 20 novembre.
P. E quando è uscito il volume?
M. Nell’aprile 1915.
P. Come l’hanno preso quelli che hanno ispirato le poesie?
M. Come un rozzo attacco di un figlio sleale della comunità e cominciarono subito a identificare nei vari epitaffi persone viventi o che avevano vissuti lì attorno… A mia madre non piacque, a mio padre piacque moltissimo… John Cowper Powys fece una conferenza a Chicago e ciò che disse mi atterrì e mi attribuì una responsabilità che non potevo sopportare.
P. In realtà qual’era la sua intenzione?
M. Di ridestare quella visione americana, quell’amore della libertà che gli uomini migliori della Repubblica si sono sforzati di conquistare per noi e di tramandare nel tempo.
FERNANDA PIVANO
ottobre 1971

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